A causa della Web Tax il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato il via ad una nuova offensiva commerciale contro la Francia, che però deve essere da monito anche per l’Italia. “Gli Usa agiranno contro i regimi di web tax” che discriminano le società americane come Google, Apple, Facebook e Amazon, ha avvertito il segretario al Commercio Robert Lighthizer, minacciando tariffe punitive fino al 100% su 2,4 miliardi di dollari di importazioni dalla Francia. Sempre Lighthizer ha poi sostenuto che “l’amministrazione americana è impegnata a contrastare il crescente protezionismo tra gli Stati membri dell’Unione europea che prende di mira ingiustamente le compagnie americane, sia con tasse sui servizi digitali e sia con altri tentativi rivolti contro le principali società digitali statunitensi”.
Questa nuova guerra commerciale è iniziata alla vigilia del summit Nato di Londra e dopo i 90 giorni di ‘tregua’ tra Francia e Stati Uniti non è stato raggiunto alcun accordo in merito alla Web Tax. La proposta di dazi punitivi contro la Francia sarà sottoposta a consultazione pubblica prima di entrare in vigore; intanto gli Stati Uniti stanno considerando di aprire un’inchiesta anche sulle web tax di Italia, Austria e Turchia.
Che cos’è la Web Tax?
La Web Tax è la proposta di legge che mira a regolare la tassazione per le multinazionali che operano in rete. La Web Tax dopo due anni di rinvii entrerà ufficialmente in vigore in Italia a partire dal 1° gennaio 2020. È arrivata la conferma dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, dopo la quale la misura è stata inserita nel testo della Legge di Bilancio 2020. Questa presenta qualche piccola modifica rispetto alla versione precedente che non è mai stata attuata, in particolare la novità è che è stata eliminata la necessità di emanare un decreto attuativo per la sua attuazione. Questo vuol dire che la messa in atto di questa misura sarà automatica a partire dal 1° di gennaio. Tra le altre novità troviamo il calcolo delle soglie che viene eseguito rispetto ai ricavi conseguiti l’anno precedente a quello di riferimento, è stato definito in maniera più specifica cosa non viene considerato un servizio digitale ed inoltre è stata inserita una sunset clause che prevede che la web tax resti in vigore fino all’attuazione delle disposizioni in sedi internazionali a proposito della tassazione dell’economia digitale.
L’imposta sulle transazioni digitali colpirà le multinazionali del settore digitale, più in particolare tutti i soggetti con le seguenti caratteristiche:
- Prestano servizi digitali
- hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali.
Saranno esclusi quindi servizi come Netflix e Spotify, mentre invece tra le aziende colpite potranno esserci Google, Facebook e Amazon sui business relativi alla pubblicità come pure i servizi offerti da Alibaba, Amazon o eBay. Si teme che il prelievo possa però ripercuotersi sulle piccole e medie imprese italiane che vendono, anche oltre confine, prodotti made in Italy.
La Web Tax prevede un’imposta del 3% su:
- Ricavi da vendita di spazi pubblicitari (ad esempio Google)
- Messa a disposizione di un’interfaccia digitale in cui gli utenti possono interagire tra di loro (ad esempio Facebook)
- Trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Benedetta Mancini