Con l’avvento dell’era digitale, la facilità di accesso alle informazioni ha permesso a chiunque di recuperare dettagli sulla vita di una persona semplicemente utilizzando un motore di ricerca. Se da un lato questo rappresenta un traguardo importante per il diritto all’informazione, dall’altro apre a gravi rischi per la privacy e la reputazione degli individui. Informazioni che potrebbero essere obsolete, distorte o non più rilevanti, ma che continuano a essere accessibili, rischiano di ledere la dignità personale e professionale, soprattutto se si tratta di contenuti critici, negativi o non aggiornati.
In questo scenario, il diritto all’oblio diventa uno strumento fondamentale per la tutela dell’immagine, consentendo di richiedere la deindicizzazione di contenuti ritenuti dannosi dai risultati dei motori di ricerca come Google. La deindicizzazione rappresenta un processo attraverso il quale i risultati specifici vengono rimossi dai risultati di ricerca, rendendo le informazioni più difficili da raggiungere. Sebbene non si tratti di una cancellazione completa, la deindicizzazione è un’importante misura di protezione per garantire che le informazioni sensibili non siano facilmente reperibili online. Con l’evoluzione delle tecnologie digitali e le nuove normative, il diritto all’oblio è diventato un pilastro per coloro che intendono recuperare il controllo della propria immagine e privacy in rete.
Le Basi Legali e il Contesto Normativo del Diritto all’Oblio
Il diritto all’oblio si fonda su un quadro normativo europeo che ha trovato riconoscimento attraverso la giurisprudenza e successive regolamentazioni. La storica sentenza González del 2014 (causa C-131/12) ha segnato una svolta, riconoscendo a ogni cittadino dell’UE il diritto di richiedere la deindicizzazione di informazioni non più rilevanti o attuali dai risultati di ricerca online. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che i motori di ricerca sono responsabili del trattamento dei dati personali e devono valutare le richieste di cancellazione di notizie e di deindicizzazione per garantire il diritto alla privacy e alla dignità delle persone. Con l’introduzione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) nel 2018, questo diritto ha trovato ulteriore legittimazione nell’articolo 17, che stabilisce le condizioni per richiedere la rimozione dei dati.
Il GDPR ha rafforzato il diritto alla cancellazione dei dati personali, consentendo alle persone di richiedere la rimozione di informazioni obsolete o inappropriati qualora non siano più necessarie rispetto alle finalità per cui erano state raccolte. La sentenza del 2014 ha costituito un precedente fondamentale, consentendo a migliaia di cittadini di richiedere la rimozione di contenuti dai risultati di ricerca, soprattutto quando questi risultano lesivi della reputazione o della vita privata.
Più recentemente, la sentenza UE nella causa C-460/20 ha semplificato ulteriormente la procedura, stabilendo che è sufficiente presentare una spiegazione plausibile senza necessità di un’azione legale diretta contro il sito ospitante. Questa evoluzione normativa e giurisprudenziale permette oggi una tutela più accessibile e completa della privacy in rete, offrendo strumenti concreti per difendere la propria reputazione.
Iter Procedurale per Richiedere la Deindicizzazione su Google
La richiesta di deindicizzazione rappresenta il primo passo per proteggere la propria immagine su Google e altri motori di ricerca. Per inoltrare una richiesta di deindicizzazione, è necessario compilare il Modulo di Rimozione di Informazioni Personali disponibile sul sito di Google. Questo modulo è essenziale per indicare formalmente a Google quali URL devono essere deindicizzati dai risultati di ricerca. La compilazione del modulo richiede informazioni precise: si deve fornire il proprio nome, i dettagli dei contenuti da rimuovere e specificare gli URL esatti.
È fondamentale essere il più dettagliati possibile e spiegare il motivo per cui la presenza online di tali informazioni è dannosa, fornendo un resoconto accurato del danno morale o patrimoniale subito.
Spesso è utile allegare prove a sostegno della propria richiesta, come articoli, documenti legali o testimonianze, che dimostrino il pregiudizio derivante dalla permanenza online delle informazioni. Nel caso in cui Google respinga la richiesta, l’interessato ha la possibilità di rivolgersi a un legale per valutare un’azione legale, non solo per ottenere la deindicizzazione, ma anche per richiedere un risarcimento dei danni. Le nuove direttive, introdotte con la sentenza UE nella causa C-460/20, hanno reso questo iter meno oneroso, consentendo di ottenere la deindicizzazione con una semplice spiegazione plausibile, senza necessità di avviare azioni legali contro il sito ospitante. Questo sviluppo ha reso il diritto all’oblio più accessibile e ha facilitato il controllo delle informazioni online da parte dei singoli.
Aspetti Tecnici della Deindicizzazione: URL e Uso degli Strumenti di Google
Uno degli aspetti tecnici centrali nel processo di deindicizzazione riguarda l’individuazione precisa degli URL specifici da rimuovere. Poiché Google effettua la rimozione solo sulla base degli URL indicati, una segnalazione imprecisa o incompleta può compromettere l’efficacia della richiesta. È consigliabile verificare la presenza di ogni URL che potrebbe rimandare a diverse versioni o copie cache dello stesso contenuto, poiché Google tende a mantenere più versioni indicizzate di un contenuto. L’utilizzo di strumenti come Google Webmaster Tools (ora noto come Search Console) consente ai proprietari di siti di gestire l’indicizzazione dei propri contenuti in modo più efficace, assicurando che le informazioni che desiderano mantenere private non siano facilmente accessibili.
Inoltre, Google Search Console offre un controllo diretto per i webmasters, rendendo più semplice la richiesta di deindicizzazione e l’analisi delle performance di visibilità dei contenuti pubblicati online. Qualora un individuo desideri richiedere la rimozione diretta dei contenuti, può contattare il webmaster del sito per richiederne la cancellazione alla fonte; questo approccio è consigliato poiché Google agisce solo sulla deindicizzazione, e non può garantire la completa eliminazione dei contenuti da Internet. Infine, i motori di ricerca alternativi come Bing e Yahoo! offrono procedure di deindicizzazione analoghe, che consentono di estendere ulteriormente la protezione della propria immagine sui risultati di ricerca e sui contenuti visibili online.
Reclamo al Garante della Privacy: un’alternativa al rifiuto di Google
In caso di rifiuto da parte di Google alla richiesta di deindicizzazione, il passo successivo è presentare un reclamo formale all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali. Il Garante può valutare il caso e, se necessario, ordinare a Google la rimozione del contenuto in questione. Questo reclamo, per essere efficace, deve includere tutte le informazioni necessarie a dimostrare l’impatto negativo causato dalla presenza dei contenuti online, comprese prove di danni morali o patrimoniali subiti.
Qualora l’Autorità riscontri che la permanenza dei contenuti costituisce una violazione della privacy dell’individuo, può ordinare non solo la deindicizzazione, ma anche imporre un risarcimento, riconoscendo l’importanza del danno morale subito. Questo iter è particolarmente utile per chi ha subito un danno persistente o per chi desidera garantire che i propri diritti siano riconosciuti e tutelati attraverso un’autorità formale. Inoltre, la procedura di reclamo permette di ottenere un provvedimento giuridico che può rappresentare un precedente utile per altre azioni legali o risarcitorie intraprese contro Google o i siti web ospitanti i contenuti, fornendo uno strumento di supporto per la protezione della reputazione.
Deindicizzazione vs. Rimozione Totale: Quali sono le Differenze?
Una distinzione fondamentale riguarda la differenza tra deindicizzazione e rimozione totale dei contenuti. La deindicizzazione è un processo che limita la visibilità dei contenuti sui motori di ricerca, impedendo a Google e ad altre piattaforme di mostrare determinati URL tra i risultati. Tuttavia, non comporta la cancellazione effettiva dei contenuti dai siti web originari, il che significa che le informazioni possono rimanere online, accessibili attraverso altre fonti. Questo aspetto è particolarmente rilevante per i siti di informazione, che mantengono archivi storici come testimonianza dei fatti pubblicati. Per ottenere la rimozione completa di un contenuto, è necessario rivolgersi direttamente al webmaster del sito che ospita le informazioni.
La deindicizzazione è, quindi, uno strumento efficace per chi desidera tutelare la propria reputazione, ma non elimina i contenuti dalla rete, garantendo un equilibrio tra il diritto all’oblio e il diritto all’informazione. La possibilità di deindicizzazione permette agli individui di proteggere la propria immagine senza influire sulla memoria storica, rappresentando una soluzione che salvaguarda sia la privacy personale che il diritto della collettività a essere informata su eventi di pubblico interesse.
Il diritto all’oblio rappresenta un pilastro essenziale per la tutela della reputazione online nell’era digitale. La procedura di deindicizzazione e la possibilità di rivolgersi al Garante della Privacy offrono soluzioni concrete per chi desidera gestire la propria immagine in rete, limitando l’accesso a contenuti lesivi o obsoleti. Con l’aumento delle richieste di deindicizzazione, si prevede che i criteri di valutazione delle domande diventeranno sempre più chiari, permettendo una tutela ancora più specifica e mirata della privacy online.
Gli sviluppi giurisprudenziali e normativi stanno portando a una maggiore sensibilità verso la protezione dei dati personali, e l’integrazione di strumenti di controllo, come quelli offerti da Google Search Console, contribuiscono a migliorare la gestione dell’immagine online. In futuro, il diritto all’oblio potrà beneficiare di una maggiore precisione nei criteri di valutazione e risarcibilità, garantendo una protezione sempre più efficace e sofisticata della reputazione. La possibilità di esercitare un controllo più ampio sul profilo digitale di ciascun individuo rappresenta un passo importante verso una cultura della privacy e della dignità personale anche nell’ambiente digitale, dove l’equilibrio tra riservatezza e accesso alle informazioni sarà sempre più attentamente monitorato e rispettato.
Alcune Notizie Interessanti dalla Rassegna Stampa sul Diritto all’Oblio
- Diritto all’Oblio: Google condannata a rimuovere le notizie false e a pagare 25.000 € di danni – leggi qui la notizia sul Sole 24 Ore – Con Sentenza 18430/2022 la Cassazione respinge il ricorso di Google Llc contro la condanna a pagare 25mila euro di danni morali a causa della sofferenza patita da un ricorrente che, in primo grado, rappresentato dagli avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli, aveva promosso un’azione risarcitoria contro il motore di ricerca per la mancata rimozione di una serie di URL.
- Garante Privacy ordina a Google la rimozione dei contenuti di un ex influencer di TikTok – leggi qui la notizia sul Corriere del Web – Un recente provvedimento dell’Autorità italiana per la protezione dei dati ha ingiunto a Google la rimozione di risultati di ricerca relativi a contenuti obsoleti di un ex influencer.
- Diritto all’Oblio: il paradosso di Costeja Gonzalez – leggi qui la notizia su Il Fatto Quotidiano – negato il diritto all’oblio al cittadino spagnolo che aveva creato il precedente. Il motivo? “Fattori enciclopedici”.
- Diritto all’Oblio anche senza il nome dell’interessato – leggi l’articolo scritto dall’Avv. Domenico Bianculli sulla rivista giuridica De Iustitia – il diritto all’oblio può essere invocato anche quando la query di ricerca, diversa dal nome e cognome, identifica ugualmente la persona interessata.
- Clicca qui per leggere altri provvedimenti del Garante della Privacy in merito alla rimozione delle notizie da Google.
- Contattare Cyber Lex per cancellare notizie da internet – La Repubblica (edizione Roma)