Il diritto all’oblio, invocato per cancellare notizie da internet, rappresenta una delle conquiste più significative della moderna tutela della privacy, nato per rispondere alle esigenze di protezione dell’identità digitale nell’era della connettività globale. Introdotto formalmente dal Regolamento (UE) 2016/679, noto come GDPR, il diritto all’oblio consente agli individui di richiedere la rimozione o la deindicizzazione di informazioni personali obsolete, inesatte o non più pertinenti dai motori di ricerca e da altre piattaforme digitali.
Questa normativa ha segnato una rivoluzione nel rapporto tra cittadini, dati personali e grandi operatori del web, attribuendo ai motori di ricerca un ruolo centrale come titolari del trattamento dei dati personali indicizzati.
In Italia, il diritto all’oblio ha trovato ulteriore consolidamento grazie alla Legge Cartabia, che ha introdotto meccanismi innovativi per la protezione automatica della reputazione. Tra le disposizioni più rilevanti, spicca l’obbligo per i motori di ricerca di procedere alla deindicizzazione di contenuti relativi a procedimenti giudiziari conclusi con assoluzione o estinzione del reato, senza necessità di una richiesta esplicita da parte degli interessati.
Questa innovazione mira a garantire una tutela più immediata ed efficace, evitando che il peso di vicende passate possa continuare a incidere negativamente sulla vita delle persone, soprattutto quando l’interesse pubblico alla loro conoscenza è venuto meno.
La Legge Cartabia rafforza inoltre il ruolo del Garante della Privacy, che assume una funzione centrale nel monitorare e assicurare l’applicazione uniforme delle normative.
Le Linee Guida 5/2019 dell’European Data Protection Board (EDPB) rappresentano un punto di riferimento fondamentale per l’applicazione del diritto all’oblio in tutta l’Unione Europea. Queste linee guida delineano i criteri essenziali per valutare le richieste di deindicizzazione, tra cui la rilevanza e l’attualità delle informazioni, il bilanciamento tra diritto alla privacy e diritto all’informazione, e la verifica dell’interesse pubblico.
Particolare attenzione è dedicata alla proporzionalità: i motori di ricerca come Google devono considerare l’impatto che la permanenza di certe informazioni ha sulla vita privata degli interessati, valutando caso per caso la loro legittimità alla luce dei principi di minimizzazione e limitazione della conservazione sanciti dall’articolo 5 del GDPR. Questo quadro normativo complesso riflette l’ambizione di garantire una protezione uniforme dei dati personali, promuovendo al contempo la responsabilità (accountability) dei gestori delle piattaforme digitali alle quali viene presentata la richiesta di rimozione di notizie dai propri risultati di ricerca.
Storia del Diritto all’Oblio: dal Caso Costeja ai recenti provvedimenti del Garante
Il diritto all’oblio ha iniziato a prendere forma nel 2014 con la storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Costeja González contro Google (C-131/12). Mario Costeja González, cittadino spagnolo, richiese la rimozione di link associati a una vecchia vicenda debitoria risolta, ma ancora reperibili attraverso i risultati di ricerca di Google.
La Corte stabilì che i motori di ricerca agiscono come titolari del trattamento dei dati personali indicizzati e devono garantire che tali informazioni siano adeguate, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità del trattamento.
Questo caso ha stabilito il principio secondo cui, a distanza di tempo, la privacy e la reputazione individuale possono prevalere sul diritto all’informazione.
In Italia, il diritto all’oblio è stato ulteriormente sviluppato con la sentenza della Corte di Cassazione nel caso Google – Pezzano (2018). L’imprenditore Pezzano richiese la rimozione di articoli associati a fake news su presunte vicende giudiziarie inventate dall’autore delle stesse. La Corte ha affermato che la permanenza online di informazioni lesive deve essere giustificata da un interesse pubblico attuale, bilanciando il diritto alla cronaca con la dignità personale.
Questo caso ha consolidato il quadro giurisprudenziale italiano, enfatizzando il ruolo del tempo come fattore determinante per la deindicizzazione. Adriano Pezzano è stato assistito dallo studio legale Parente Bianculli di Roma, con lunga esperienza in diritto all’oblio e procedimenti nei confronti dei service provider come Google. Lo stesso studio legale ci ha fornito le due infografiche relative al diritto all’oblio, che potete visualizzare nella presente pagina web.
Negli anni successivi, l’applicazione del diritto all’oblio si è arricchita di numerosi provvedimenti emessi dal Garante per la Protezione dei Dati Personali. Ecco una selezione di sette recenti decisioni che evidenziano l’evoluzione di questo diritto:
Provvedimento del 6 giugno 2024 (doc. web 10048956)
Un magistrato ha richiesto la deindicizzazione di URL legati a un procedimento disciplinare risalente al 2000. Il Garante ha ordinato la rimozione, sottolineando che, dopo oltre vent’anni, tali informazioni erano obsolete e non rivestivano più alcun interesse pubblico – qui trovi il testo del provvedimento completo.
Provvedimento del 9 maggio 2024 (doc. web 10027521)
Un influencer ha ottenuto la rimozione di contenuti legati alla sua vecchia attività sui social media, ormai abbandonata da anni. Il Garante, come scritto nel provvedimento, ha riconosciuto che la persistenza di tali informazioni comprometteva ingiustamente le sue opportunità professionali.
Provvedimento del 17 ottobre 2024 (doc. web 10075259)
Un ex politico ha richiesto la rimozione di articoli relativi a una condanna estinta da oltre vent’anni. Il Garante ha stabilito che l’interesse pubblico alla conoscenza di tali fatti era ormai superato dal diritto alla privacy. Qui trovi il provvedimento completo.
Provvedimento del 22 febbraio 2024 (doc. web 10006967)
Un professionista sanitario ha ottenuto la deindicizzazione di URL contenenti accuse infondate che minavano la sua reputazione. Il Garante ha confermato l’importanza di proteggere la dignità personale rispetto a informazioni inesatte. Leggi qui il provvedimento del Garante.
Provvedimento del 23 maggio 2024 (doc. web 10033086)
Una lavoratrice ha richiesto la rimozione del proprio nominativo da una pubblicazione accademica obsoleta. Nel provvedimento il Garante ha ordinato la deindicizzazione, evidenziando che i dati non erano più pertinenti al contesto attuale.
Provvedimento del 24 aprile 2024 (doc. web 10043417)
Un docente universitario ha richiesto la rimozione di URL legati a presunte irregolarità in un concorso pubblico. La decisione del Garante ha ribadito che, in assenza di procedimenti giudiziari, tali informazioni non rivestivano più interesse pubblico – qui il testo completo del provvedimento.
Provvedimento del 24 aprile 2024 (doc. web 10027483)
Un privato cittadino ha chiesto la rimozione di URL che riportavano dettagli su una condanna estinta. Il Garante ha accolto la richiesta, confermando il diritto all’oblio per fatti giudiziari conclusi.
Cancellare notizie da Google con il supporto di Cyber Lex
Cancellare notizie da internet è un processo che richiede attenzione ai dettagli e una conoscenza delle procedure specifiche offerte dalle piattaforme online. Sebbene possa sembrare complesso, seguire un percorso strutturato può aumentare le possibilità di successo. Di seguito, una guida dettagliata per affrontare la rimozione di contenuti personali o lesivi dai motori di ricerca e da altre piattaforme. La guida è stata scritta in collaborazione con il team di Cyber Lex, società italiana specializzata in web reputation e diritto all’oblio per la rimozione di notizie dal web.
Primo step: identificare e valutare i contenuti da rimuovere
Il primo passo è raccogliere tutti i link (URL) che portano ai contenuti da rimuovere. Bisogna essere precisi e includere non solo le pagine principali, ma anche eventuali copie o riferimenti su altri siti web. È utile effettuare una ricerca approfondita utilizzando il proprio nome e altri termini pertinenti nei motori di ricerca come Google e Bing. Dopodiché, prima di presentare una richiesta, è fondamentale capire se il contenuto rientra nelle casistiche per cui è possibile richiedere la rimozione. Esempi comuni includono:
- Informazioni obsolete, non più pertinenti o lesive della reputazione.
- Dati personali diffusi senza consenso, come indirizzi o numeri di telefono.
- Informazioni inesatte o diffamatorie.
- Contenuti legati a procedimenti giudiziari conclusi o reati estinti.
Secondo step: presentare la richiesta di deindicizzazione ai motori di ricerca
I motori di ricerca principali, come Google e Bing, offrono strumenti dedicati per richiedere la deindicizzazione di URL specifici.
Nel caso di Google, il modulo di richiesta è disponibile al seguente link. Al suo interno vanno specificati:
- Nome e cognome dell’interessato.
- URL da deindicizzare.
- Motivo della richiesta (es. obsolescenza, inesattezza, ecc.)
Dopo l’invio, Google analizzerà il caso e risponderà generalmente entro 30 giorni. Sarà possibile inviare via email eventuali documenti di supporto alla valutazione della richiesta, come copie di documenti ufficiali o sentenze.
Per Bing, il modulo di rimozione dei risultati di ricerca ai sensi delle leggi europee sulla privacy è disponibile al link https://www.bing.com/webmaster/tools/eu-privacy-request. La procedura è simile a quella di Google, ma richiede particolare attenzione nella descrizione del contenuto e del motivo della richiesta.
Terzo step: valutare la soluzione alternativa e richiedere la rimozione alla fonte
Se il contenuto è ospitato su un sito web specifico, potrebbe essere necessario contattare direttamente il gestore del sito. In questo caso, è importante individuare l’indirizzo email del webmaster o utilizzare un modulo di contatto presente sul sito. Dopodiché, preferibilmente con l’aiuto di un avvocato, scrivete una richiesta formale, spiegando il motivo per cui il contenuto dovrebbe essere rimosso (ad esempio, violazione della privacy o presenza di informazioni false). Includetee eventuali prove o documenti che supportino la richiesta.
Se il gestore del sito non risponde o si rifiuta di rimuovere il contenuto, è possibile rivolgersi al Garante della Privacy per ottenere supporto.
Quarto step: presentare un reclamo al Garante della Privacy
In caso di diniego o risposta insoddisfacente da parte del motore di ricerca o del gestore del sito, è possibile presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali. Per farlo, raccogliete tutta la documentazione relativa al caso (copia della richiesta, risposte ricevute, link interessati). Compilate il modulo di reclamo disponibile sul sito del Garante, anche se il nostro consiglio è quello di rivolgersi ad un legale esperto in materia e presentare un atto di reclamo con motivazioni di diritto e specifiche richieste giuridiche.
Dopo aver inviato il reclamo, è importante monitorare regolarmente il processo e mantenere un registro delle comunicazioni con le piattaforme o i gestori dei siti. Questo aiuta a seguire gli sviluppi e a intraprendere ulteriori azioni, se necessario.
Avv. Domenico Bianculli: Linee Guida EU necessarie per valutare azioni legali contro Google
L’Avv. Domenico Bianculli, esperto in diritto digitale e della privacy, ha commentato le Linee Guida 5/2019 dell’European Data Protection Board (EDPB), evidenziando il loro ruolo cruciale nell’applicazione uniforme del diritto all’oblio in Europa. “Le Linee Guida europee rappresentano uno strumento fondamentale per bilanciare il diritto alla riservatezza con il diritto all’informazione. Definiscono criteri oggettivi che i motori di ricerca devono rispettare, come la rilevanza e la pertinenza delle informazioni, garantendo un approccio equilibrato e trasparente”.
L’avvocato ha sottolineato l’importanza di una valutazione caso per caso, dichiarando: “Non si tratta di cancellare la storia, ma di assicurare che l’identità digitale di una persona non venga pregiudicata da informazioni non più attuali o irrilevanti. La tutela della dignità personale è un principio cardine che non deve mai essere compromesso nell’era digitale”.
Inoltre, ha evidenziato il ruolo pionieristico della Legge Cartabia in Italia: “Con l’introduzione della deindicizzazione automatica, il nostro Paese ha fatto un passo avanti decisivo nella protezione dei cittadini. Questa normativa dimostra che il progresso tecnologico può essere armonizzato con la tutela dei diritti fondamentali”.
Il diritto all’oblio non è solo una possibilità, ma uno strumento essenziale per riprendere il controllo della propria identità digitale
Cancellare notizie da Google: 10 FAQ sul diritto all’oblio
1. Che cos’è il diritto all’oblio?
Il diritto all’oblio consente agli individui di richiedere la rimozione o la deindicizzazione di informazioni personali obsolete, inesatte o non più pertinenti dai motori di ricerca, garantendo la tutela della propria reputazione e privacy online.
2. Quali sono le basi giuridiche del diritto all’oblio?
Il diritto all’oblio è sancito dall’articolo 17 del GDPR (Regolamento UE 2016/679) e, in Italia, rafforzato dalla Legge Cartabia, che prevede meccanismi di deindicizzazione automatica per alcune categorie di contenuti.
3. Come posso cancellare notizie da Google?
Devi compilare il modulo ufficiale di Google disponibile a questo link: https://reportcontent.google.com/forms/rtbf, fornendo le URL da rimuovere, il motivo della richiesta e un documento d’identità.
4. Cosa fare se la richiesta di rimozione viene respinta?
Se Google o Bing respingono la richiesta, puoi presentare un reclamo al Garante della Privacy o ricorrere alle vie legali per far valere il tuo diritto.
5. Qual è la differenza tra deindicizzazione e rimozione alla fonte?
La deindicizzazione rimuove i link dai risultati di ricerca, ma il contenuto rimane sul sito originario. La rimozione alla fonte implica invece l’eliminazione definitiva dal sito web che ospita il contenuto.
6. Quali documenti devo fornire per una richiesta di rimozione?
Un documento d’identità valido e, se possibile, prove del pregiudizio subito, come sentenze giudiziarie, articoli di legge applicabili o documentazione correlata.
7. Quanto tempo impiegano Google o Bing a rispondere?
I motori di ricerca solitamente rispondono entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, ma i tempi possono variare in base alla complessità del caso.
8. Il diritto all’oblio è valido per qualsiasi tipo di contenuto?
No, alcune informazioni di interesse pubblico o relative a personaggi pubblici possono essere escluse dalla deindicizzazione, soprattutto se ancora rilevanti e pertinenti.
9. Come influisce la Legge Cartabia sul diritto all’oblio in Italia?
La Legge Cartabia introduce la deindicizzazione automatica per contenuti relativi a procedimenti giudiziari conclusi senza colpevolezza, semplificando la protezione della reputazione personale.
10. È possibile presentare una richiesta per contenuti diffusi su piattaforme social?
Sì, puoi contattare direttamente i gestori delle piattaforme social per richiedere la rimozione dei contenuti o, in caso di rifiuto, rivolgerti al Garante della Privacy.