Decisamente una scelta in controtendenza quella di abbandonare i social: è quanto annunciato lo scorso 3 maggio dall’istituto bancario italiano Unicredit, che ha deciso, dal 1 giugno 2019, di chiudere i propri account Facebook, Messenger e Instagram. Nell’annuncio postato proprio sui social si legge anche la motivazione: “Valorizzare i canali digitali proprietari per garantire un dialogo riservato di alta qualità. Crediamo che avere un servizio proprietario accessibile e responsive, coordinato attraverso un modello efficiente a 360 gradi rappresenti il modo migliore per interagire con i nostri clienti. Per questo UniCredit ha investito in maniera costante nella valorizzazione dei suoi canali digitali proprietari, in modo da garantire un dialogo riservato con i clienti e di alta qualità”. UniCredit aveva già sospeso tutte le attività pubblicitarie su Facebook a partire da marzo 2018 a causa di preoccupazioni riguardo la gestione di alcuni episodi da parte dell’azienda americana proprietaria del social network (probabilmente a seguito dello scandalo di Cambridge Analytica).
L’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustler, aveva spiegato di voler lasciare la piattaforma di Zuckerberg perché non in linea con la visione etica portata avanti dalla banca. Sicuramente non sarà stata una scelta impulsiva ma il gesto nasconde delle ragioni più profonde che si possono intravedere, ad esempio, nella risoluzione del problema dei commenti negativi per salvaguardare l’immagine positiva dell’azienda. Oggi, nell’era del digital banking, si affacciano nuovi pericoli, oltre a quello della privacy, come la nascita di criptovalute oppure la concessione di dati ad altre banche concorrenti. Nonostante queste questioni, Unicredit ha scelto di restare online sui profili LinkedIn e Twitter forse sentiti come più “professionali” o più sicuri.
Di recente la comunicazione istituzionale social dell’INPS è stata sotto i riflettori per le sue esternazioni non proprio “professionali”, nel rispondere ad alcuni utenti. Il rischio che si corre quando si gestiscono pagine istituzionali, se non si è preparati, è quello di incappare in “epic fail” e figuracce che in poco tempo diventano virali e fanno il giro del web. L’imprevedibilità di una situazione e la capacità di arginare possibili attacchi contro il proprio brand devono essere tenuti in considerazione da futuri social media manager che intendono fare questo lavoro con professionalità.
Il caso di Unicredit non è isolato come dimostra la recente vicenda di Lush, il gruppo inglese di cosmetica naturale, che ha comunicato l’intenzione di spegnere i canali social perché stanchi di pagare per apparire sulle newsfeed dei suoi utenti. Lush vuole incentivare le conversazioni reali con le community e non andare a caccia ai like. Il target di riferimento, in questo caso, è costituito da clienti giovani come Millennials e Generazione Z che sono molto attenti all’impegno etico ed ecologico dell’azienda e che tra l’altro sono in calo su Facebook. Lush, però, ha agito con moderazione decidendo di tenere in piedi l’account Instagram Lush North America, dove ha ben 4,4 milioni di follower. Gli utenti apprezzeranno o meno la scelta? Ai social l’ardua sentenza.
Chiara Raganelli