Dal marzo dell’anno scorso, a causa dell’emergenza sanitaria, molti lavoratori, non solo la categoria degli autonomi, hanno dovuto spostare la sede della loro attività professionale dall’ufficio ad un luogo alternativo, intensificando lo smart working. Le abitudini si sono modificate e, con esse, anche la pianificazione del lavoro da svolgere, la modalità con cui portarle avanti e gli spostamenti. A poco più di un anno di distanza, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA) ha studiato come i cambiamenti vissuti nel mondo del lavoro e la conseguente necessità di operare in modalità smart working abbiano influito sulla salute dell’ambiente.
A tal proposito, l’ENEA ha effettuato una ricerca, che ha interessato 29 pubbliche amministrazioni e 5.500 dipendenti. I risultati hanno evidenziato come il lavoro agile abbia diminuito il movimento quotidiano di ogni persona di almeno un’ora mezza, facendo registrare 46 chilometri in meno per i lavoratori, in termini di mobilità e distanza da percorrere per raggiungere il luogo di lavoro e tornare presso la propria abitazione. Il decremento degli spostamenti ha comportato, hanno illustrato ancora i dati prodotti da ENEA, una netta diminuzione dell’acquisto del carburante per gli autoveicoli, con un risparmio pari a 4 milioni di euro. Di conseguenza, il livello di emissioni di CO2 nell’aria ha conosciuto un netto decremento, con un calo di 8 tonnellate, un -1,75 tonnellate in meno di polveri sottili PM10 e -17,9 tonnellate di ossidi di azoto sprigionati nell’aria.
I numeri mostrano come l’ambiente abbia “respirato” grazie allo smart working. Non solo in termini di smog, inquinamento ed intasamento stradale, ma anche di rifiuti e uso della plastica. Infatti, con i colleghi che non si ritrovano più davanti alla macchinetta del caffè, sono diminuiti anche i bicchierini e le bacchette di plastica nella spazzatura, insieme ai contenitori in cui si consuma un pranzo da asporto e alle bottigliette di acqua che, solitamente, si tengono sulla scrivania. E, di certo, anche i lavoratori hanno modificato il loro stile di vita. Alcuni dipendenti, non avendo più l’esigenza di abitare vicino all’ufficio, hanno optato per un trasferimento fuori città. Così, lontano dal caos e dallo stress, hanno riscoperto la tranquillità di ritmi di vita che, spesso, il lavoro in presenza, con i suoi orari e la sua routine ripetitiva, limita notevolmente. Stare a casa per lavoro ha comportato anche un importante risparmio economico sulla spesa quotidiana del carburante per i veicoli con cui abitualmente ci si sposta o sul costo dell’abbonamento per i mezzi pubblici.
Il report ISTAT, denominato “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”, ha illustrato come il lavoro agile sia stato uno degli strumenti maggiormente utilizzati per contenere gli effetti negativi dell’emergenza, soprattutto nella realtà delle medie e grandi imprese. Infatti, sono stati milioni i lavoratori nel mondo interessati dal lavoro agile nel corso del primo confinamento del marzo 2020. Tuttavia, i numeri forniti dall’Istat hanno evidenziato che l’attivazione dello smart working è direttamente collegata alle dimensioni dell’azienda. Infatti, sono state soprattutto le organizzazioni medie e grandi a far rilevare un notevole balzo in avanti nell’uso di questo strumento, che ha interessato in misura maggiore le aree connesse alla comunicazione, all’informazione, all’informatica, alle attività professionali scientifiche e tecniche, all’istruzione e all’erogazione di energia elettrica e gas.
Guardando, invece, al prossimo futuro, Fondirigenti ha realizzato il “Quick Survey Smart Working 2.0”, tentando così una previsione sul comportamento delle aziende, in relazione all’uso dello smart working anche al termine dell’emergenza sanitaria. Dal sondaggio è emerso come il 54% delle imprese, dunque oltre la metà tra le 15000 aziende che hanno partecipato all’indagine, sarebbe disposta a puntare ancora sul lavoro agile, seppur la soluzione più adottata potrebbe essere quella della “settimana mista” con parte del team di lavoro ad operare in sede e parte da remoto. Servizi e manifattura sarebbero i comparti maggiormente toccati da questa modalità, mentre le piccole realtà imprenditoriali difficilmente potranno affidarsi al lavoro da remoto.
Tre, infine, saranno le grandi trasformazioni che lo smart working realizzerà: un’innovazione digitale, poiché il ricorso alle tecnologie sarà intenso e notevole, richiedendo un consequenziale potenziamento delle infrastrutture del settore; una “rivoluzione” demografica, con il cambiamento nelle abitudini di vita che i lavoratori metteranno in pratica, in risposta ad un’attività che ne ha modificato la quotidianità; un impatto ambientale, per i motivi messi in luce proprio dalla ricerca portata avanti dall’ENEA. Infine, sempre guardando al prossimo futuro, secondo altre ricerche svolte a livello nazionale, saranno tra i tre e i cinque milioni i lavoratori a svolgere ancora la propria attività professionale da remoto, anche quando l’emergenza sanitaria sarà definitivamente rientrata.
Ivana Notarangelo